Daniele Macale e Klaus G. Friedrich

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L’anatomia e la fisiologia uniche di questa classe di vertebrati dalla “doppia vita” e la conoscenza ancora lacunosa delle loro malattie, disorientano il medico veterinario, che per la prima volta si trova dover assistere il paziente anfibio. Diagnosticare e trattare le patologie degli anfibi, che spesso hanno un decorso rapido e irreversibile, può essere una vera e propria sfida.

Fortunatamente negli ultimi anni l’interesse della comunità scientifica verso questo gruppo animale è cresciuto sensibilmente, così come sono aumentate le informazioni sulla corretta gestione in cattività degli anfibi. Fino agli anni 80 questi animali erano allevati solo per esperimenti di laboratorio in campo farmaceutico. Molto è cambiato negli ultimi due decenni, durante i quali si è assistito al rapido declino delle popolazioni selvatiche di anfibi, non solo su piccola scala ma a livello mondiale. Alla distruzione dell’habitat (gran parte delle specie di anfibi vivono nelle fasce tropicali umide, soprattutto foreste tropicali) si sono sommate infezioni micotiche come la chitridiomicosi, che in breve tempo si è trasformata da malattia localizzata a vera e propria pandemia: una sinergia di eventi che ha portato e sta portando all’estinzione moltissime specie. Questa situazione di crisi ha spinto molti a zoo e acquari in tutto il mondo ad intraprendere progetti di allevamento in cattività per le specie più a rischio. Il lavoro pionieristico di molte di queste istituzioni ha salvato dell’estinzione molte specie e contemporaneamente ha permesso di creare negli anni un background culturale sulla corretta gestione degli anfibi in cattività e sulle patologie ad essa collegate.

Elenco delle malattie più comuni degli anfibi

E’ importante sottolineare come l’interessato che intende acquistare un anfibio, non può sottrarsi dalla conoscenza approfondita della biologia della specie molto prima dell’acquisto dell’animale, come pure deve essere a conoscenza e applicare rigorosamente le pratiche igienico sanitarie di base per una corretta gestione degli animali.

Le cause che portano all’insorgere di una malattia in un anfibio possono essere molteplici, qui di seguito elenchiamo le principali:

Possiamo distinguere almeno sei gruppi di patologie

di seguito citiamo brevemente le più comuni

Malattie batteriche

Red leg sindrome: è probabilmente la malattia più diagnosticata tra gli anfibi, sia in natura che in cattività E’ una malattia batterica sistemica generalizzata, spesso associata con una setticemia, manifestata anche da eruzioni cutanee. L’eritema, localizzato soprattutto nella zona ventrale-inguinale o verso le estremità dell’animale, è dovuto a vasodilatazione, congestione, ecchimosi emorragica. L’agente eziologico principale è Aeromonas hydrophila.

Flavobatteriosi: sono spesso patogeni dei vertebrati inferiori come pesci e anfibi, e sono ampiamente presenti negli ambienti acquatici. All’esame clinico la flavobatteriosi si manifesta come una setticemia con lesioni a livello del derma. A volte la flavobatteriosi è associata all’esposizione ai pesticidi, i quali sembrano agire da fattori predisponenti.

Micobatteriosi: E’ generalmente una malattia cronica dal decorso lento, e può manifestarsi con una molteplicità di segni clinici, per quanto questi sono invisibili inizialmente e divengono manifesti solo quando ormai la malattia è in una fase avanzata. Infiammazioni granulomatose della bocca sono caratteristiche della micobatteriosi.

Clamidiosi: sono principalmente due gli agenti eziologici, Chlamydophila psittacci e C. pneumoniae. La malattia si presenta con letargia, depigmentazione cutanea, rigonfiamenti delle vie linfatiche, gonfiore della cavità celomatica, alterazione della superficie della pelle.

Malattie virali

Ranavirus: è il patogeno virale meglio conosciuto per questa classe di vertebrati. Spesso è causa improvvisa di morte in popolazioni selvatiche. Si presenta con diversi sintomi quali letargia, anoressia, anomalie della postura e del comportamento, eritemi della pelle. Moltissimi altri segni sono facilmente riconoscibili con un esame istologico post-mortem.

Molto spesso colpisce le fasi giovanili delle popolazioni di anfibi.

Herpes virus: negli anfibi sembrano essere causa predisponente di carcinomi.

Malattie micotiche

Chitridiomicosi: moltissimi anfibi sono sensibili a questa malattia micotica oggi diffusissima. E’ un fungo che si diffonde e sopravvive attraverso il mezzo acquatico. Le prime popolazioni di anfibi positive a questo mycota sono state isolate nei primi anni 90 in Australia e in Centro America. L’eradicazione di molte popolazioni selvatiche e la scomparsa di intere specie sono state attribuite alla chitridiomicosi.

Il segno più riconosciuto dell’infezione da chitridiomicosi, tramite esame istologico è l’ipercheratosi delle cellule epiteliali della pelle e della bocca. Clinicamente l’animale appare apatico, disidratato, a volte con comportamenti anomali sia nella postura che nei riflessi.

Saprolegniasi: è un’infezione comune a molti vertebrati acquatici inferiori che colpisce principalmente le uova. Particolarmente sensibili sono poi larve segni dei caudati. I segni della malattia sono evidenti sulla superficie della pelle e appaiano come macchie biancastre più o meno estese. in genere l’infezione colpisce la mucosa buccale, le branchie, la coda. In caso di lesioni della pelle l’infezione può estendersi ai tessuti sottostanti.

Parassitosi

Amebiasi: lo stress è spesso la causa predisponente della amebiasi, che va soprattutto ad invadere il fegato, i reni e il tratto gastro-intestinale dell’animale infetto. Anoressia, diarrea, sangue nelle feci sono tutti segni di una amebiasi in atto.

Elminti: gli anfibi sono ospiti intermedi o finali di alcuni trematodi che incistandosi compromettono il corretto funzionamento dei tessuti colpiti. In natura sono stati trovate molte popolazioni di anfibi con individui malformati o con rigonfiamenti anomali dei tessuti dovuti proprio a trematodi infestati.

I nematodi possono infettare sia le uova che le forme adulte di anfibi.. Il nematode del genere Rhabdias è causa di gravi danni polmonari. Tra gli elminti che possono causare gravi malattie citiamo anche i cestodi, gli acantocefali e gli irudinei.

Crostacei: alcuni piccoli crostacei parassiti dei pesci possono infestare anche gli anfibi e danneggiare i tessuti parassitati o essere vettori di alcune malattie.

Malattie nutrizionali

Gli anfibi seguono generalmente una dieta strettamente carnivora rappresentata da cibo vivo (a parte le fasi iniziali delle larve di anuro che sono vegetariane):e’ infatti il movimento della preda che stimola la rana a catturarla quando questa le passa davanti.

Non si conosce molto sulle necessità nutrizionali degli anfibi, ma le implicazioni possono essere molteplici, ad esempio è stato scoperto che le possibilità riproduttive di alcune specie di raganelle tropicali sono strettamente legate alla qualità del cibo di cui si nutrono, poiché i colori dei maschi che servono da richiamo visivo verso le femmine non funzionano correttamente se la dieta non contiene abbastanza carotenoidi.

Un altro punto critico è la frequenza di somministrazione del cibo. Una carenza di cibo crea una diminuzione del metabolismo al quale può seguire anoressia, letargia, perdita di peso, disidratazione.

Tra le malattie legate all’alimentazione più comuni ricordiamo le malattie ossee: lo sbilanciamento delle vitamina D3 del calcio e del fosforo possono creare enormi problemi nella crescita degli anfibi. Una dieta equilibrata e completa evita le malformazioni ossee che spesso si osservano negli anfibi non alimentati correttamente. Anche un eccesso di vitamina A interagisce con il metabolismo della vitamina D3 con lo stesso risultato. E’ semplice ovviare a questo problema aggiungendo delle polveri facilmente reperibili in commercio ricche in Vitamina D3 calcio e fosforo da aggiungere ad ogni pasto. Anche la qualità della luce artificiale del terrario può essere importante: è stato dimostrato che anche per gli anfibi una luce ricca in ultravioletti è importante per il metabolismo osseo.

Carenza di vitamina B può causare diversi problemi neurologici e scheletrici-muscolari.

La sovralimentazione, o l’assunzione di prede eccessivamente grandi, causa dilatazione dello stomaco alla quale seguono difficoltà respiratorie e circolatorie. A volte, qualora non fosse possibile estrarre il cibo direttamente estraendolo dalla bocca, la rimozione chirurgica può risolvere il problema.

La gestione corretta degli anfibi: generalità

Come già ricordato in precedenza, è fondamentale conoscere il più possibile la biologia della specie che si sta considerando prima di cimentarsi nell’allevamento. I requisiti minimi di allevamento cambiano moltissimo da specie a specie. Generalmente è consigliabile iniziare l’allevamento sempre con specie considerate rustiche, ovvero più resistenti agli errori che inevitabilmente un neofita potrebbe compiere: è lo stress da condizioni non idonee la prima difficoltà da superare poiché può essere causa di molteplici malattie.

Per gli anuri è importante la progettazione del terrario che deve rispettare le esigenze della specie che accoglierà: un terrario a sviluppo verticale è idoneo per le specie arboricole come le raganelle, mentre per anfibi che vivono nel sottobosco sarà più importante uno sviluppo orizzontale. L’animale deve poter scegliere dove posizionarsi: essendo gli anfibi animali eterotermi devono avere la possibilità di potersi riscaldare il tempo necessario ad attivare il metabolismo, per questo è fondamentale disporre le fonti luminose del terrario in maniera appropriata. Anche la qualità della luce è importante: a tal proposito esiste in commercio un’ampia scelta di prodotti specifici per l’erpetofauna.

L’umidità deve essere controllata con strumenti di misura precisi così da poter misurare correttamente il tasso di umidità del terrario: la disidratazione, soprattutto in specie di piccole dimensioni, sopraggiunge in tempi brevissimi, spesso con conseguenze fatali. La disposizione degli arredi all’interno del terrario deve essere fatta in maniera oculata onde evitare possibili tagli della cute o fratture ossee. Spesso si sottovaluta la capacità di fuga di questi animali apparentemente goffi, in particolari alcuni salamandridi sono veri maestri dell’evasione. Il coperchio del terrario o le pareti scorrevoli devono essere quindi ben collaudate: una permanenza anche di pochi minuti nell’ambiente secco casalingo può causare al “fuggiasco” disidratazione in brevissimo tempo. A tal proposito è bene posizionare esternamente nei pressi del terrario una ciotola con dell’acqua pulita, dove l’anfibio potrà trovare una fonte di umidità senza correre il rischio di disidratazione.

Curare l’aspetto igienico del terrario in generale e del substrato in particolare è un’altro punto cruciale: residui fecali nell’acqua, sulle piante dell’arredo o sul substrato devono essere rimosse quanto più frequentemente possibile. E’ opportuno per questo evitare la sovrappopolazione all’interno del terrario, che dovrà ospitare solo un numero di esemplari adeguati alle sue dimensioni. Questo impedirà, oltre allo stress da sovrappopolazione, anche eventuali infezioni batteriche da residui fecali.

Esistono diverse formule sulla composizione del substrato più idoneo a taluna specie. L’importante è evitare  che questo sia sovra saturo d’acqua. Il caldo umido porterebbe allo sviluppo di muffe e funghi potenzialmente letali per gli anfibi. Un doppio fondo forato consentirà all’acqua in eccesso di filtrare attraverso il substrato evitando ristagni.

L’acqua a disposizione degli anfibi ospitati nel terrario deve essere preferibilmente acqua trattata con prodotti reperibili sul mercato dell’acquariologia, evitando così contaminazioni da metalli pesanti cloro e fosfati che spesso sono presenti nelle condotte idriche domestiche.

Per evitare l’inquinamento da agenti chimici disinfettanti usati nella pulizia del terrario o degli arredi è importante ricordarsi di risciacquare tutto con abbondantemente acqua. Molti disinfettanti anche in tracce piccolissime possono risultare letali.

Sistematica degli anfibi

Oggi si conoscono circa 6000 specie di anfibi suddivisi in tre ordini:

Anuri, ovvero le rane raganelle e rospi: oltre 5200 specie in 388 generi

Il corpo degli anuri è generalmente tozzo, con le zampe anteriori generalmente più esili e piccole delle posteriori, che sono spesso molto muscolose e predisposte al salto. Le dimensioni degli anuri variano da poco meno di un centimetro fino a oltre 30 cm.  Le forme metamorfosate perdono sempre la coda (una sola eccezione). Le larve hanno aspetto decisamente diverso dagli adulti, con una coda ben sviluppata; inizialmente si sviluppano solo le zampe anteriori e solo dopo, generalmente poco tempo prima della metamorfosi si sviluppano le posteriori.

Urodeli ovvero salamandre e tritoni. Conosciute circa 550 specie suddivise in 9 generi.

Il corpo dei caudati è in genere simile a quello delle lucertole.  La caratteristica principale dell’ordine è la presenza della coda anche nei metamorfosati. Possiedono di norma quattro dita nelle zampe anteriori e cinque nelle posteriori. Le larve di questo genere di anfibi sono simili agli adulti, e sono provviste di branchie piumose ai lati della testa. Interessanti sono le forme neoteniche, ovvero quelle specie (o alcuni individui di una popolazione) dove le forme adulte mantengono l’ aspetto e le caratteristiche della forma larvale (vedi axolotl, Ambystoma mexicanum)

Gimnofioni, anfibi esclusivi delle zone umide tropicali, dall’aspetto vermiforme, privi di arti quasi sempre fossori o  dalla vita acquatica. Sono animali ciechi e si orientano per mezzo di un particolare tentacolo sensoriale che si trova ai lati della testa. Se ne conoscono 168 specie.